Rete di Imprese: un fenomeno in crescita

apr 27th, 2012Commenti disabilitati

Dal sito RetidiImprese.it
Secondo il registro Unioncamere dall’inizio del 2012 sono stati formalizzati 313 contratti di rete, per un totale di 1.648 imprese; parliamo di imprese che hanno steso un vero e proprio contratto legale.
Le PMI hanno rotto un tabù e hanno cominciato a capire che si può fare impresa anche in un altro modo, non solo da single. Le reti sono la proposta giusta: non chiedono di rinunciare al protagonismo imprenditoriale, né di farsi da parte e lasciare il campo a manager esterni (come prevedevano progetti avanzati in passato dalla stessa Confindustria).
Sono una via all’aggregazione e alla crescita dimensionale e comunque hanno permesso di superare quella che il Garante delle PMI Giuseppe Tripoli chiama «la storica visione isolazionista del piccolo imprenditore». Laddove la formula delle classiche fusioni continua a non convincere artigiani e commercianti perché di due imprenditori ne rimane in gioco solo uno, le reti ce l’hanno fatta. Le tipologie di contratto sono le più diverse. La rete verticale come nel caso Esaote (biomedicale) che ha promosso un contratto tra i suoi fornitori per consolidare la filiera..
Gucci che ha favorito la nascita di una rete di imprese fornitrici di pelletteria con l’intento di renderle più strutturate e più attente al raggiungimento degli standard qualitativi necessari alle sue produzioni d’eccellenza.
Diverso il caso della bolognese Racebo, rete tra aziende della componentistica per motociclette, specializzate in nicchie diverse ma con scarsa visibilità e basso potere di negoziazione.
Altro caso: 33 aziende oil & gas della Basilicata, piccole fornitrici di grandi gruppi petroliferi come Eni e Total; unendosi in Rete Log , che assicura una serie di servizi accessori integrati e presentano ai loro committenti un’offerta più strutturata.
Confindustria, per seguire e promuovere il fenomeno, ha costituito un’agenzia guidata dal vicepresidente Aldo Bonomi e affidata a Fulvio D’Alvia.
Rete Imprese Italia non si è data date ancora una vera e propria struttura nazionale e affida la promozione ai territori.
Di particolare rilievo è l’esperienza di Lecco con i «Men at work», un progetto nato durante un pranzo di lavoro, che ha coinvolto 23 imprese prevalentemente meccaniche, alcune concorrenti tra loro, che hanno saputo collaborare per aprirsi nuovi mercati. Commenta D’Alvia: «Quando si va dal notaio formalmente si stende un contratto di aggregazione organizzativa ma di fatto si intraprende un percorso per diventare più moderni e più competitivi». Non è un caso, infatti, che il contratto di rete preveda la stesura di un business plan e quindi obblighi i contraenti a programmare azioni e obiettivi.
Va ricordata la rete creata a Verona da 18 piccole aziende con meno di 10 dipendenti nel campo della trasformazione dei funghi in Veneto, Lombardia e Trentino che coltivano l’ambizione di conservare la leadership italiana in questa particolare nicchia dell’agroalimentare. Altro caso interessante è «Baco» nato a Bologna per iniziativa di Unindustria. Quattro aziende della riabilitazione medica e dell’ortopedia hanno costituito una rete con mille addetti e ha un obiettivo impensabile: conquistare, grazie a un accordo raggiunto con la Federazione cinese dei disabili, il mercato dei disabili che, in Cina, sono circa 83 milioni. Commenta Tripoli: «Tutti questi casi dimostrano la forza della cooperazione tra imprese. Solo unendosi gli imprenditori coinvolti possono porsi degli obiettivi che altrimenti sarebbero irraggiungibili. Siamo di fronte a un fenomeno culturalmente nuovo ma che ha già solidi risvolti economici».
Dal punto di vista delle politiche industriali va ricordato che nella manovra del 2010, il ministro Giulio Tremonti aveva inserito 48 milioni di euro destinati ad incentivare le reti defiscalizzando gli utili reinvestiti. Per poterne usufruire, le aziende devono sottoscrivere un contratto di rete, chiudere il bilancio in utile e sono esentate dal pagamento delle tasse sui profitti accantonati. Di quelle risorse del 2010 sono ancora rimasti da erogare fondi residui per 14 milioni nell’anno in corso e altrettanti per il 2013.